La guerra dei sessi è finita

23 Ago

di Adriana Sbrogiò

Cara Sara, Cara Laura,

vi ringrazio per il vostro invito di venire a Paestum in compagnia degli uomini con cui abbiamo fatto un cammino politico e di ricerca. Esprimo il mio pensiero in merito.

Ricordo benissimo il primo pensiero che ho fatto quando ho letto, tutto di corsa, il Salti di gioia di Luisa Muraro, la filosofa che continua a dare scossoni alle menti ed alle coscienze : «macché finito, il patriarcato continua a far da padrone dappertutto». Poi ho riletto e mi sono accorta che non avevo badato al consiglio che lei dava fin dall’inizio dell’articolo: «lasciatelo entrare, questo pensiero, e prestategli l’attenzione che vi pare giusta, ma non fategli prendere il posto che è e deve restare di un altro pensiero: questi sono i tempi della fine del patriarcato». È stata come un’illuminazione, era proprio vero; infatti, per me, il patriarcato era finito tanti tanti anni prima, quando non avevo più dato credito al padre-padrone e avevo scelto di sottrarre ogni delega a qualsiasi mediazione maschile per il mio stare al mondo. Da allora ho imparato a confrontarmi e a contrattare con l’uomo, con gli uomini.

In questi giorni ho letto un’interessante analisi, sui vari tipi di guerre che assillano il mondo intero, nell’articolo Guerre civili, guerre sessuali, altre guerre di Alberto Leiss, giornalista e scrittore che da sempre combatte la misoginia e pratica le relazioni di differenza. Ricordo anche un suo articolo, pubblicato su Via Dogana, in cui poneva una domanda importante non solo per le femministe, ma per tutte le donne e anche per gli uomini: La sinistra italiana è misogina?. Fin da allora, per quel che ne so, Alberto Leiss faceva notare che le modifiche importanti nella società italiana avevano origine dalla soggettività femminile e dal mutamento del rapporto tra i sessi. Ne erano consapevoli poche donne e «gli uomini non ne avevano nemmeno il sospetto».

Negli anni 70 Carla Lonzi scriveva «Abbiamo guardato per 4.000 anni: adesso abbiamo visto! Alle nostre spalle sta l’apoteosi della millenaria supremazia maschile». Per noi, oggi, è il tempo di rilanciare. La guerra di cui parla Leiss, la guerra tra i sessi, è finita. Prima di tutto perché le donne desiderano altro e non ci stanno più a quel gioco.

Da un bel po’ di anni e insieme, amiche e amici dell’Associazione di cui faccio parte, lavoriamo per promuovere la politica delle relazioni e costruire relazioni di differenza consapevoli, tra donne e uomini. Promuoviamo incontri pubblici, conferenze, collaborazioni fuori e dentro le istituzioni, perché nasca una cultura che riconosca la differenza tra donne e uomini. Noi scommettiamo sulle relazioni tra i sessi: donne e uomini insieme, che desiderano, comunicano, lottano per mettere al mondo una cultura, una politica, un’economia di pace. Questo possiamo farlo grazie alla forza che nasce, prima di tutto, dalla genealogia femminile e dalle relazioni fra donne. E un nuovo ordine si fa strada, generato dall’autorità femminile: un ordine simbolico costituito dal simbolico femminile e un nuovo simbolico maschile che sanno stare in relazione di differenza. Non è facile capire il significato della parola autorità, si può leggere l’ultimo libro di Luisa Muraro per capirlo meglio . Detto con parole mie, autorità femminile è la possibilità di libertà per tutte e tutti perché non è altro che cercare e trovare il senso delle cose che (ci) capitano nella relazione con un’altra, un altro. Non è potere, forza che si impone, subordinazione. È relazione, riconoscimento reciproco, possibilità. Come la madre, che insegna a parlare al bambino e impara a essere madre da lui/lei.

Certamente c’è bisogno di fare un lungo percorso di consapevolezza e riescono a farlo uomini e donne che, per scelta, non hanno collusione con il potere. Ma ci sono, sono tra noi, basta imparare a vederle/i. E io ne vedo molte e molti. Penso ai tanti gruppi e associazioni miste, donne e uomini che praticano le relazioni di differenza. Penso agli uomini di Identità e Differenza, a Maschile Plurale Italia, a Intercity-intersex, alla Merlettaia di Foggia, al Gruppo Uomini e donne di Viareggio, alla Città Felice di Catania…

Tutte queste realtà ci mostrano come non abbia più senso parlare di guerra tra i sessi. Nella guerra ci sono due nemici, entrambi convinti dell’importanza di farsi la guerra. Ma le donne non ci stanno più: non vogliono più essere né conniventi né vittime, e stanno già costruendo altro.

Anche di questo vorrei che si parlasse a Paestum. Lo scorso anno sono rimasta entusiasta dell’incontro di Paestum e avrei voluto poterlo condividere anche con i tanti amici uomini con cui sono in relazione politica e di ricerca da anni. Quest’anno mi prendo il piacere di andarci assieme.

16 Risposte to “La guerra dei sessi è finita”

  1. Olga 6 settembre 2013 a 07:01 #

    Non è una guerra. La guerra implica che entrambi gli eserciti o i guerrieri abbiano le armi. Qui – per continuare ad usare la metafora proposta, che trovo inappropriata e fuorviante – siamo ancora a una fase di pre-guerra, in cui molte donne non hanno nemmeno un bastone per combattere. Io non so in che mondo viva la persona che ha scritto l’intervento, ma nel mondo in cui abito io, il patriarcato è vivo e vegeto.

    Il fatto che in Italia lavori soltanto una donna su due come lo dobbiamo definire? Dobbiamo forse parlare di liberazione delle donne dal lavoro e riappropriazione di quel simbolico materno con cui ci (e vi) state martoriando le ovaie da 40 anni?

    Il fatto che, secondo le stime dell’Istat, a 842.000 donne italiane sia stato chiesto, nell’arco della vita, sesso per un posto di lavoro o per un avanzamento di carriera, è fine del patriarcato? Pardon, non dobbiamo più parlare di “carriera”, ce lo ripete in continuazione la dotta e ricca Terragni dall’alto della sua rubrica del Corriere. Dice a noi, donne precarie, che dobbiamo strisciare per guadagnare dei soldi con i nostri lavori sottopagati, che non dobbiamo interessarci della carriera. Ma quale carriera? Noi ci annichiliamo per riuscire a racimolare a malapena mille euro al mese. Quando la leggo penso sempre alla frase “non hanno pane che mangino brioche”.

    Se vogliamo guardare al di là del nostro naso, poi, vi ricordo che sul pianeta due terzi dei bambini che non vanno a scuola sono bambine. Le donne occupano solo il 19% dei posti nei parlamenti di tutto il mondo. Soltanto 16 dei 188 leader politici eletti direttamente nel mondo sono donne. Ogni 90 secondi nel mondo muore una donna durante il parto o la gravidanza. La violenza domestica causa più morti e disabilità alle donne tra i 16 e i 44 anni, che non il cancro o gli incidenti d’auto. Senza contare la questione dei femminicidi nella quale non mi addentro visto che c’è chi se ne sta occupando molto meglio di me.

    Davvero non mi capacito di come si possa continuare a dire che il patriarcato è morto. Forse la vostra capacità di comprendere e agire sulla realtà è morta. Cercate di ripartire da lì.

  2. teresa lapis 27 agosto 2013 a 14:50 #

    Nono sono riuscita a leggere tutti gli interventi ma ho viso che sono tanti . Mi fa piacere che ci sa uno spazio politico e culturale dove si può dibattere su questi temi così importanti. Causalmente è stato proprio oggetto di una discussione tra amici e amiche , a Livorno una sera a cena.
    Il mio “vecchio” compagno ora mio marito , vecchio perchè dopo 40 anni di lotte per una tutela della convivenza che non è arrivata, nè per la previdenza nè per la riservatezza, che, quest’ultima può essere , da sola ,un motivo importante per sposarsi perchè quando arriva il momento, magari in ospedale di prendere la cartella clinica del tuo compagno e o della tua compagna, ricoverati, magari incoscienti, che cosa può valere la tua disperazione di fronte al medico, cretico e ligio che ti risponde no?!.Lui ,insomma sollevava la sua sensazione di sentirsi sempre escluso da questi incontri solo di donne, fin dai tempi degli anni ,70. quando erano più frequenti e noi eravamo studenti universitari, poi, anche , dopo, con meno radicalità, nello stesso modo in cui rifiuta e non apprezza le riunioni di solo uomini per la destinazione sclusiva e spesso abituali dei temi,pur apprezzando il calcio e lo sport e, arrabbiandosi sempre con me che , ancora, non capisco nulla e confondo ancora le squadre in competizioni: hanno quasi tutti le magliette a striscie!.
    Non so che dire ma mi sembra che,però, non ci sia una cultura di comunciazione che permette a tutte le donne di comunicare nella stessa maniera ,in presenza di uomini, soprattutto alcune, sia giovani che meno giovani,anche in gamba, forti , pensanti , ma spesso sembra atteandano maggiormente al riconoscimento maschile che a quello femminile.
    E pensare che quando, appena laureata, 25 enne sono stata nello studio di mio padre, sostituendolo per le consulenze,un signore,guardandomi ha esclamato in dialetto, all’architetto amico che lo accompagnava:” ma mi devo raccontar mii problemi a sta putea? ma vale come un om?”, dopo 20 anni una femminista, deputata, discutendo con me mi informava che non avrebbe potuto lasciare un certo schieramento, perchè il leader la considerava come un maschio!Teresa Lapis

  3. Maria Grazia Patronaggio 24 agosto 2013 a 23:17 #

    Ho letto il post su “Guerra dei sessi è finita” e rilevo non solo una distorsione della realtà, ma anche una mancata percezione della differenza tra soluzioni che alcuni gruppi di donne e uomini stanno cercando di trovare relativamente al problema, ormai drammatico, della violenza maschile contro le donne e, poi, la realtà in cui vivono le donne all’interno della società. Spiego meglio il concetto. Il fatto che esistono gruppi di uomini che si stanno interrogando sulla violenza di genere e sono davvero pochi, non significa che non esista più un problema di ruolo nella società della donna. Io sostengo, nonostante le favole che ci raccontiamo, che ancora la maggior parte delle donne non siano libere di fare scelte davvero autonome di vita. Le loro scelte e la loro libertà è fortemente condizionata dalla cultura patriarcale che non è affatto superata. Anzi a volte si ripropone intatta all’interno di gruppi di donne.
    Devo fare un altra precisazione: ho partecipato all’incontro organizzato da Maschile plurale a marzo dal titolo “Mio fratello è figlio unico”. Lì feci un breve intervento sulle motivazioni che mi avevano spinta a partecipare e che sono un po’ quelle scritte sopra. In più ho azzardato una ipotesi. ascoltando gli interventi dei maschi lì presenti notavo che anche loro sentivano la necessità di partire da un “personale” per arrivare ad elaborare riflessioni e considerazioni sul loro essere uomini, sicchè azzardai l’idea di provare a fare insieme un percorso che per noi aveva funzionato. Era solo un ipotesi …tutta da verificare. Ma non era certo la soluzione definitiva. Per cui penso che Paestum debba rimanere un luogo di donne anche per avere la possibilità di parlarne insieme senza innescare dinamiche che in questo momento potrebbero forviare il confronto.

  4. paolam 24 agosto 2013 a 22:57 #

    Ho letto attentamente il post e di seguito tutte le risposte delle diverse commentatrici, ognuna delle quali argomenta con ragionevolezza e fondamento, secondo le sue inclinazioni e le sue competenze, con discorsi esaustivi, ai quali non saprei che aggiungere di più e di mio. Dico soltanto che ho letto il post superando il disagio, chiamiamolo così, che mi ispirava il titolo, perché un’espressione come “guerra dei sessi” non mi sembra appartenga alla storia passata o recente del femminismo. E’ più parente, per rimanere nel “simbolico”, di “donne, donne eterni dei”, oppure di “chi dice donna dice danno”. Se vogliamo proprio acquisirla ex novo al femminismo, forse, l’unica guerra di cui potremmo parlare è una “guerra di liberazione”, iniziatasi qualche tempo fa da parte delle donne rispetto alla cultura maschiocratica. Che poi anche gli uomini abbiano da guadagnarci, come già avvertono i gruppi di uomini consapevoli, ciò è ovvio ed è bene. Ma quanto è limitata questa esperienza di consapevolezza lo hanno già detto tutte le altre. Concludo dicendo che l’unica immagine guerresca che mi viene in mente è quelle delle donne indiane col sari rosa che, armate di bastoni, difendono le loro sorelle dalle violenze maschili. In India, abbiamo presente, no?

    • paolam 25 agosto 2013 a 01:18 #

      Rileggo e mi accorgo di un possibile equivoco: gioisco della consapevolezza in via di acquisizione da parte di alcuni uomini evoluti ma, appunto per questo, mi aspetterei che si riunissero tra loro per parlare tra loro, per pensare, dato che la strada è lunga per uscire dalla cultura maschiocratica, dall’ordine simbolico maschile se ci piace di più. Piano, piano, non precipitiamoci, i tempi non sono per niente maturi. Fa così difficoltà agli uomini fare una bella riunione nazionale di tutti coloro che vorranno esserci per parlare di… ? Non precipitatevi tra le nostre braccia, fate voi, per un po’, e vedete che ne esce.

  5. Franca 24 agosto 2013 a 16:06 #

    La “guerra” tra uomini e donne non è finita!

    Un articolo che colpisce e ferisce. Ferisce per il suo distacco dalla realtà. Per la dimenticanza delle mille sfaccettature di violenza silenziosa agita quotidianamente, oltre le derive omicide; ferisce per quello sguardo che non vede l’alienazione dei diritti di genere, come ha ben spiegato Angela, a partire dal nostro privato; ferisce perchè non tiene conto di altre derive culturali, quando il corpo è consumo spacciato per libertà. Ferisce, sostanzialmente, per la mancanza di risonanza.
    Quali sono dunque i luoghi dove la “guerra” è finita? Forse, insieme, occorre porsi delle domande per capire dove ci si è incagliate.
    Non sono sufficienti per dichiarare una fine le apprezzabili esperienze di confronto maschile-femminile finchè non diventano cultura, pensiero comune che incontra una rispondenza nella pratica di vita.
    Un movimento di liberazione che ha perso il contatto con la realtà, che si chiude nei cenacoli dell’autoglorificazione, non solo non è in grado di ri-creare opportunità di maturazione e di crescita, ma rappresenta una concreta dimostrazione di regressione storica.

  6. Donatella Proietti Cerquoni 24 agosto 2013 a 09:27 #

    Eccoli qua i risultati della cancellazione del corpo e della vita materiale delle donne dalla nostra teoria. Desessualizzazione, l’ha correttamente definita Ida Dominijanni ed io non so dire se essa incomba anche sulle pratiche.
    I corpi e le vite delle donne ammazzate contano ancora per noi ? O siamo (finite?) nelle fila delle nostre simili che si pongono al fianco degli uomini patriarcali e violenti che stanno negando il femminicidio? E’ femminismo, questo?
    Hanno presente, coloro che forse non si accorgono di stare impegnando molte in un conflitto insensato, il negazionismo feroce che dilaga in rete e sui mass media? Sanno che esso esige con altrettanta violenza di quella che viene perpetrata sui corpi e sulle vite delle donne, di affermare che il femminicidio è un’invenzione priva di rilevanza statistica? Io credo proprio d no, o meglio, me lo auguro altrimenti non saprei cosa pensare.
    Ho scritto un post, qualche tempo fa che ho intitolato con un auspicio e un incitamento: rovesciamo la frammentazione.
    Ma cosa accadrà delle posizioni, a favore e/o contro il separatismo? In base a cosa potranno decidere le favorevoli o le contrarie se considerare Paestum un incontro valevole per le necessarie decisioni rispetto ai problemi crescenti che affrontiamo spesso da sole o in piccoli gruppi depotenziati dall’incuria delle istituzioni e delle leggi?
    E’ chiaro che tutte vogliamo lavorare con gli uomini che si interrogano con il femminismo, perché, dunque, si ripresenta periodicamente questa posizione capace solo di dare vita a guerre intestine?
    Occorre interrogare le teorie prodotte nella cancellazione del corpo confrontandole con le pratiche, a partire dall’autorità femminile che bisognerà ancora accostare all’autocoscienza per misurarne significato e senso se non vogliamo che sia ridotta al rango di un cimelio buono solo a celebrare il suo ricordo.
    Desidero rendere noto che la mia posizione è il frutto di molti confronti con femministe che parlano di questo articolo e di altri pubblicati qui e altrove, in diverse pagine della rete. Ciò per dare conto del fatto che le mie considerazioni non sono, da un lato, interamente mia produzione e, dall’altro, nel tentativo di contribuire a fornire il “polso” della consapevolezza che sta circolando.

  7. Paola Zaretti 24 agosto 2013 a 08:45 #

    Al di là delle preziose osservazioni critiche che stanno emergendo dalla lettura del testo, ci sono alcuni altri aspetti che vorrei segnalare e che riguardano alcune parole d’ordine che – ripetute ormai ossessivamente come da rituale – rischiano la perdita del loro significato: “scommettere sulle relazioni”, “mettere al mondo”, “forza”, “genealogia femminile”, “autorità femminile”, “ordine simbolico femminile”, “libertà femminile”, e…dulcis in fundo, a completare il quadro, la madre. Siamo di fronte al quadro di una costruzione continuamente riproposta, da alcune: stesse parole, stesso andamento discorsivo, stesso Unico stile – senza la benché minima differenza e originalità. Si chiama omologazione e l’ omologazione di pensiero – che il linguaggio non cela ma rivela – non è indizio trascurabile, di poco conto. Per procedere e andare oltre, per ridare vita alle parole, le formule sopra indicate dovrebbero essere prese, sviscerate e discusse – una per una: Cosa vuol dire scommettere sulle relazioni? Che cosa si vuole mettere al mondo? Ma la libertà femminile non era già stata messa al mondo un po’ d’anni fa? qual è la forza che permette oggi alle donne di cambiare le cose? Dov’è, nella concretezza del quotidiano? Non dovremmo articolare meglio il concetto di genealogia femminile, anche nella sua dimensione escludente (irigaray)? Che cos’è autorità femminile? In che rapporto sta con la formazione a un pensiero omologato e omologante? Esistono davvero due ordini simbolici?

  8. Angela Addorisio 24 agosto 2013 a 07:53 #

    ho sempre creduto che il personale è politico e se il personale dell’autora è così come lo racconta sono davvero felice per lei ma anche il mio personale è politico e allora lo si vada a dire al mio datore di lavoro che la guerra dei sessi è finita quando sbaglio e mi rimprovera dandomi della puttana mentre se sbaglia il collega uomo viene definito “persona poco seria”.
    che la guerra dei sessi è finita lo si vada a dire al mio compagno che è contento se lavoro ma quando decideremo di fare un figlio dovrò restare a casa perchè a casa con il bambino non ci può restare lui.
    che la guerra dei sessi è finita lo si vada a dire agli amici con cui vado allo stadio che se sono in disaccordo con l’arbitro gli urlano “figlio di una troia”.
    che la guerra dei sessi è finita lo si vada a dire alla mia vicina di casa che sua figlia potrà uscire di casa solo quando si sposerà ma il figlio può fare quello che vuole perchè è maschio.
    il patriarcato sarà anche finito nel simbolico ma i miei giorni non sono fatti di simbolico, la mia quotidianità è fatta di fatiche e umiliazioni e gesti duri.
    la guerra dei sessi è finita e allora perchè il mio corpo politico continua a riempirsi di cicatrici?

    • Rossella Strani 24 agosto 2013 a 21:21 #

      Perchè non è finito nell’immaginario collettivo e dunque nemmeno nel simbolico attuale. Qualcuna non ne può più è stanca della morte e si disegna immaginari propri. Sono strategie di sopravvivenza.
      Rossella Strani

  9. Streghetta 24 agosto 2013 a 07:14 #

    Che l’autrice dell’articolo sostenga che il patriarcato è finito quando ha deciso di non dare più “credito al padre-padrone” e ha scelto di “sottrarre ogni delega a qualsiasi mediazione maschile per il mio stare al mondo” corrisponde a un suo vissuto personale che, come tale, è da rispettare: ognuno sceglie di vivere e di imporsi di vedere quello che vuole. Che è diverso, però, dal considerare la realtà per come si presenta veramente. E la realtà è fatta di violenza di tutti i tipi subita dalle donne e agita da chi, se non dagli uomini? E’ fatta di discriminazioni pesanti sul lavoro che levano la possibilità alle donne di esprimere le proprie potenzialità, che sono ancora costrette a imporsi out out tra lavoro e figli o che non possono accedere alle posizioni che meritano unicamente in virtù del loro sesso (e la dirigenza è fatta di chi, se non dagli uomini?). E’ fatta di un -non tanto- silente pregiudizio verso le donne in tutti i settori: non so se l’autrice ogni tanto ha modo di guardare la tv, ma non mi pare che nella pubblicità o negli spettacoli televisivi le donne abbiano modo di slegarsi da quell’immagine mercificata e svenduta che si continua a far passare… e non so se l’autrice ha assistito in questi ultimi vent’anni alla cultura sessista e maschilista che certe parti politiche hanno continuato a trasmettere attraverso uno dei leader politici più subdoli che la storia abbia creato… Forse è vero che c’è qualche fermento di cambiamento di qua e là, che ci sono più uomini con cui è possibile dialogare in modo costruttivo senza confliggere in guerre aperte rispetto a un tempo. Questi fermenti, però, non cambiano una quotidianità che per la grande maggioranza delle donne è ancora fatta di sopraffazione e di impossibilità di esprimersi a causa di un maschile dominante, nelle piccole come nelle grandi cose.
    Scegliere di non vedere, scegliere di accontentarsi, piuttosto che scegliere di rassegnarsi in silenzio a questo status quo, non ci informa di una società cambiata ma ci informa di una stasi dell’universo femminile che non può che riportarci pian piano indietro di 50 anni.

  10. Donatella Proietti Cerquoni 23 agosto 2013 a 17:51 #

    Questo articolo dà la misura esatta della lontananza dalla vita. La stessa, identica, lontananza che rende la politica maschile colpevole di non essere in grado di risolvere i problemi ma di crearne, a donne e a uomini.
    Intanto non c’è guerra dei sessi ma di un sesso e delle sue fedeli contro l’altro. Mi riservo di intervenire ancora leggendo più accuratamente il testo ma non ho potuto esimermi dal partecipare alla reazione, doverosa, suscitata dal titolo e dai primi brani dell’articolo.

  11. il ricciocorno schiattoso 23 agosto 2013 a 15:45 #

    In tutta franchezza: questo intervento è offensivo nei confronti di tutte quelle donne che ogni giorno dedicano il loro tempo al delicato e doloroso tema della violenza contro le donne.
    Il ragionamento è piu o meno questo: ehi, io mangio tre volte al giorno e anche bene, quindi celebriamo la fine della fame nel mondo.
    Forse, invece di leggere e rileggere Luisa Muraro, vi converrebbe aprire qualche quotidiano o qualche rivista, di tanto in tanto. E magari rinunciare ad una riunione della vostra associazione, infilare il naso in un centro antiviolenza e scoprire che ci sono delle donne che della guerra non sono ancora riuscite a liberarsi.
    Perché non è un “gioco” e la gente muore.

  12. sere 23 agosto 2013 a 15:00 #

    ma quale guerra dei sessi finita…a me pare che la guerra CONTRO LE DONNE sia sempre più aspra e violenta, piuttosto!

  13. Paola Zaretti 23 agosto 2013 a 12:42 #

    Ma come si fa a dire che la guerra dei sessi è finita con una donna ammazzata un giorno sì e un giorno no????? Come vogliamo chiamare – se non guerra – questa realtà devastante che il silenzio delle donne contribuisce a far passare come pacifica e normale in nome di un rifiuto tutto ideologico del “vittimismo”? Ah, ho compreso perché tacciono: perché credono, appunto, che la guerra dei sessi sia finita…Sono estereffatta.

    • luci 26 agosto 2013 a 21:25 #

      Si, ma non è la “guerra dei sessi”,(che presuppone due nemici che vogliono guerreggiare ognuno/a con le proprie ragioni) è la guerra di un sesso all’altro sesso, dell’uomo maschio contro la donna! Inoltre la creatività della trappola patriarcale è enorme ..è vero che sta morendo il vecchio patriarcato, ma se si intervistano (oggi) i giovani e giovanissimi maschi , più del 70 per cento (in Romagna , ma non credo sia molto diverso in altre regioni) preferiscono il ritorno alla “TRADIZIONE” sarà un neo-androcentrismo (?) o cosa?

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