di Lea Melandri
Lettera di Lea Melandri a Sara Gandini, Laura Colombo, Stefania Tarantino, Tristana Dini, Barbara Verzini
Care amiche,
ogni generazione è libera di prendere da quelle precedenti ciò che le serve, libera anche di ripetere il già visto e il già sofferto – come state facendo voi, rinfocolando le divisioni che sapete bene essere cominciate nel femminismo italiano dall’inizio degli anni ’80 -, ma non si può pensare di riscrivere la storia secondo i propri orientamenti ideologici, o per così dire, ‘a piacere’. Tanto più che stiamo parlando di una storia che ha riempito archivi, studi, riviste, pubblicazioni, e che continua a vivere nelle pratiche politiche di molte donne. Non basterà perciò avere invitato all’incontro di Bologna solo la “generazione politica” venuta dopo il primo femminismo per impedire che riemergano, non le “diversità”, che dite di voler confrontare, ma la divaricazione che si è prodotta con la pubblicazione del libro Non credere di avere dei diritti e con l’elaborazione da parte della Libreria di Milano del “pensiero della differenza”, che è solo una della possibili interpretazioni della differenza tra i sessi, anche se si è imposta con l’assolutezza delle verità dogmatiche.
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